Hai mai perso il senso dell’orientamento dentro un centro commerciale? Non ti spaventare, è tutto studiato (contro di te)

Entrando in un centro commerciale è come se perdessimo la bussola, smarrendo la cognizione dello spazio e del tempo. Un effetto tutt’altro che casuale.

Un effetto tutt’altro che casuale. Il centro commerciale è un luogo accuratamente pensato a un unico scopo: farci comprare più cose possibili, spingersi allo shopping senza freni.

Perché il centro commerciale ci fa perdere l'orientamento
Mai successo di “perdersi” dentro a un centro commerciale? C’è un motivo ben preciso – exfadda.it

Sarà capitato a tutti di entrare in un centro commerciale e di essere aggrediti da una voglia matta di acquistare cose che lì sul momento ci parevano irrinunciabili. L’effetto però svanisce una volta rientrati a casa, quando realizziamo che quegli acquisti “di pancia” poi tanto fondamentali non erano.

Intanto però le nostre tasche sono più leggere di prima, questa è la cosa sicura. Ci abbiamo messo del nostro, indubbiamente, ma dietro c’è anche una ben precisa tecnica psicologica creata ad hoc e che, guarda caso, serve ad attrarre il cliente per farlo acquistare quasi in maniera compulsiva.

Disorientati nel centro commerciale? Non è un caso

In sostanza entrando in un centro commerciale accade qualcosa come se la nostra capacità psico-sensoriale andasse in tilt. O meglio in stand-by, momentaneamente sospesa, come se fossimo entrati in una bolla spazio-temporale. C’è un ben determinato effetto dietro a questa sensazione di “sospensione”.

Come nasce l'effetto che spinge all'acquisto nei centri commerciali
Da dove nasce quella strana euforia che nel centro commerciale ci dice “compra, compra, fortissimamente compra”? – exfadda.it

Si chiama effetto “Gruen Transfer”. Non è niente altro che una tecnica studiata ad arte per attirare il consumatore e spingerlo ad acquistare il più possibile. In pratica il centro commerciale cerca di “manovrare” i nostri desideri attraverso questo bizzarro effetto che deve il suo nome all’architetto Victor Gruen, creatore nel 1956 del primo centro commerciale.

L’architetto Gruen progettò il primo centro commerciale pensando a una città dotata di confort e ritrovi, a cominciare dal lavoro e dai momenti di relax (tipo la pausa caffè con un amico), fino ai beni di necessità e ai prodotti per soddisfare bisogni più sofisticati. Il centro commerciale doveva essere un luogo che metteva ogni cosa a portata di mano dei “cittadini” di questa strana città pensata per vendere.

Centro commerciale, un esempio di “capitalismo della seduzione”

Per realizzare questo progetto però occorreva attirare l’attenzione dei consumatori: da qui la necessità di introdurre alcuni elementi capaci di sedurre e indurre all’acquisto. Insomma, fin da subito il centro commerciale è stato uno dei luoghi simboli di quello che qualcuno ha definito il “capitalismo della seduzione”, dove il desiderio dei consumatori viene sollecitato attivamente dai venditori. Al punto che oggi le persone passano parte del loro tempo libero in quelle “città dello shopping” che sono i centri commerciali.

Ma per quale motivo in questi luoghi perdiamo la cognizione logico-temporale e siamo indotti a acquistare cose che magari poi non ci servono affatto? Il punto è che nel suo insieme il Gruen Transfer dà luogo un fenomeno psicologico capace di creare una specie di iper-realtà idealizzata che ci risulta particolarmente accogliente, familiare e rassicurante.

Potremmo dire – su questo potrebbero sbizzarrirsi gli psicanalisti – che regrediamo a uno stadio infantile dove ci sentiamo cullati, al sicuro nelle braccia di mamma-centro commerciale. Sicuri di noi? Sì, ma soprattutto degli acquisti che stiamo facendo. Un po’ come dovevano sentirsi Lucignolo e Pinocchio nel Paese dei balocchi. Compreso il loro risveglio, quando si pentirono amaramente di essersi fatti sedurre in quel modo.

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